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Aumento dei prezzi nel settore edile: +25% rispetto al 2020

Il “Construction Cost Report 2022” elaborato da GAD Studio mette a fuoco la complessa situazione legata all’aumento dei costi per il mercato italiano delle costruzioni.
Estratto da Infobuild.it

Il periodo post Covid-19 ha determinato una situazione senza precedenti per il mercato italiano delle costruzioni: alla ripresa delle attività economiche si è affiancato anche un aumento generalizzato dei costi tanto da arrivare ad un incremento del +25,4% rispetto a gennaio 2020. Questo è, in estrema sintesi, lo scenario riportato dal Construction Cost Report 2022” elaborato da GAD, società milanese specializzata in attività di QS e Cost Management fondata da Gianpiero Aresi e Giovanni Paolo D’Adda.

Abbiamo vissuto un periodo di forte confusione, con prezzi improvvisamente senza controllo e budget realizzati negli anni precedenti diventati da un giorno all’altro completamente anacronistici. GAD ha quindi scelto di condividere il proprio punto di vista privilegiato sul tema dei construction cost, redigendo il 2021CCR: un report che aveva lo scopo di rendere edotti tutti gli attori della filiera, su tutte le dinamiche che stavano, in quel momento, determinando un rapido incremento dei prezzi”. Queste sono le premesse introduttive al documento di analisi di Gianpiero Aresi: nel Report si analizza nel dettaglio l’aumento generalizzato dei costi nel comparto delle costruzioni, un fattore che porta inevitabilmente a slittamenti temporali sulle consegne e ad un inevitabile aumento del budget previsto per singolo progetto.

Quanto sono aumentate le materie prime?

Ancor prima del conflitto russo-ucraino, il costo del ferro e dell’acciaio è stato segnato da un aumento progressivo poiché legato a fenomeni politici ed economici già presenti nell’era post Covid-19. Dal momento dello scoppio della guerra, il ferro ha registrato un rialzo più forte legato all’incertezza del mercato. A questo fattore è seguita un’altrettanta repentina diminuzione dovuta alla minore domanda registrata nel corso della pausa estiva, pari a – 17% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (dati: Federacciai). Secondo quanto riportato nel “Construction Cost Report”, la variazione del costo dell’energia ha comportato un aumento sul costo dell’acciaio che tuttavia ha visto un incremento rilevante a partire dal mese di luglio. Con l’attuale ribasso dell’energia si è conseguentemente registrata una diminuzione dei prezzi per queste due materie prime.

Dall’andamento “a singhiozzo” di ferro e acciaio passiamo all’alluminio il cui costo “è stato caratterizzato da un’estrema volatilità nel corso degli ultimi due anni”. In seguito al conflitto russo-ucraino e alle sanzioni UE, il prezzo dell’acciaio ha visto un incremento significativo.

Come spiega l’analisi svolta da GAD: “Il rafforzamento del dollaro avvenuto negli ultimi mesi dovuto al forte incremento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve ha influito negativamente sulla domanda di materia prima, portando a una diminuzione del suo valore sul mercato globale”.

 Il costo del rame, cemento e calcestruzzo

Rispetto ai materiali sopra elencati, il rame è riuscito a mantenere un valore più stabile nel corso dell’anno. Si è registrata una diminuzione significativa a partire da giugno a causa di una minore domanda data dall’aumento dei tassi di interesse USA. Ma cosa comporterà questa inflessione? Secondo i risultati espressi nel report porterà ad un “sottoinvestimento nel settore che rischia, come segnalato da diversi esperti, di scontrarsi con l’aumento della domanda atteso per la transizione energetica globale, che si attende porti la richiesta a crescere tra il +600% e il +900% entro dieci anni”.

 Passando al focus dedicato al cemento e calcestruzzo, vediamo dai dati che i due materiali hanno mantenuto un andamento stabile nel 2021 per poi subire un forte aumento a partire dai primi mesi del 2022 legato all’incremento del prezzo del petcoke.

Non dobbiamo dimenticare che la produzione di calcestruzzo porta ad un’ingente produzione di anidride carbonica: per questo motivo occorre anche tener presente che il prezzo dei diritti di emissione di CO2 è cresciuto in pochi mesi di quasi due terzi sull’Emission Trading Scheme. Il risultato è un extracosto di oltre 30 euro per ogni tonnellata di cemento, un valore che porta ad aumentare i costi variabili produttivi.

I derivati del petrolio e gli isolanti

I dati riguardanti il costo dei derivati del petrolio risentono ovviamente dell’andamento del greggio. In seguito alla guerra Russia-Ucraina i prezzi del petrolio hanno sfiorato quasi i 140 dollari a barile, ma da quel momento è iniziato un calo dovuto a fattori quali: timore di recessione o per la creazione di un possibile accordo con l’Iran per il nucleare. L’UE ha deciso di calmierare i costi del greggio per contrastare l’aumento dell’energia inserendo un “price cap”. Per questo motivo, spiegano i ricercatori GAD, sarà difficile prevedere gli effetti di tale misura sul prezzo delle materie prime derivanti dal petrolio.

Oil barrels on dollar background. Rising oil prices concept. 3D illustration.

Anche gli isolanti hanno visto degli aumenti nel corso dell’anno. I prodotti in lana minerale e quelli in polistirene sono aumentati del +40% e del +41% sebbene provengano da processi produttivi differenti. Il motivo di questo aumento è ormai noto: parliamo infatti del periodo pandemico, dell’”effetto Superbonus” e ovviamente dell’impennata dei costi energetici.

Il legno e il vetro

Passiamo ad un materiale naturale: il legno. Con la ripartenza del mercato delle costruzioni in USA e in Cina, fattori come le restrizioni russe sull’esportazione del legno grezzo e la crisi del legname in Canada hanno portato queste due potenze a rivolgere la propria attenzione all’Europa per l’approvvigionamento di legname.

Dopo questo forte aumento registrato nei primi sei mesi del 2021, il prezzo del legno si è stabilizzato fino allo scoppio della guerra in Ucraina: questo triste evento storico ha portato ad un picco nei costi legato principalmente “alla corsa alle scorte per i timori suscitati da una possibile carenza del materiale. Infatti, Russia, Ucraina e Bielorussia insieme producono 55 milioni di m3 di tondo e 18 milioni m3 di segati con una forte componente di export”. Fortunatamente il mercato del legno in Europa si è nuovamente stabilizzato tornando ai valori pre conflitto.

Secondo quanto riportato del “Construction Cost Report”, il vetro ha registrato una crescita costante dei prezzi. L’aumento dei costi energetici ha fatto sì che i prezzi siano passati da circa 170 €/m2 del maggio 2020 a valori che si aggirano intorno a 400 €/m2, comportando una crescita del 100% in un anno e mezzo.

Il report chiude con l’analisi dei costi dei laterizi, delle terre rare e semiconduttori. Iniziamo approfondendo lo scenario legato ai laterizi e ceramiche: all’aumento dei prezzi dell’energia si è registrato un rialzo dei costi per la produzione dei laterizi. La ceramica, realtà di eccellenza made in Italy, ha bisogno di materiali importati per la realizzazione dei manufatti. Nello specifico si tratta dell’argilla e del caolino estratti nelle cave del Donbass, territorio conteso nello scontro russo-ucraino. Il conflitto militare è solo uno dei fattori che ha portato all’aumento del prezzo nel settore della ceramica: la produzione di piastrelle e pavimenti in ceramica è stata colpita dalla notevole crescita dei prezzi del gas.

La produzione dei semiconduttori è allocata in pochi Paesi, primo fra tutti il Taiwan. La crisi dei semiconduttori iniziata nel 2020 ha ridotto la disponibilità di elementi sul mercato, portando con sé grandi ritardi nella produzione dei componenti e un conseguente innalzamento nei prezzi. La guerra non ha di certo migliorato questo scenario: il conflitto tra Russia e Ucraina ha determinato l’interruzione della catena di approvvigionamento delle terre rare e dunque ad un forte aumento dei costi dei semiconduttori.

Aumentano i costi anche per la manodopera

Oltre al notevole incremento dei prezzi dei materiali, occorre aggiungere alla lista anche la voce relativa ai costi della manodopera. Come ha spiegato in un’intervista a Il Sole 24 Ore Gabriele Buia, ex Presidente dell’Ance: Le imprese segnalano fortissime difficoltà nel reperimento della manodopera a fronte di una domanda di lavoro in forte crescita. La situazione sta rapidamente diventando critica e sempre più lo sarà nei prossimi mesiLa mancanza di manodopera ha inciso significativamente sul costo delle lavorazioni: le criticità più evidenti si riscontrano “in termini di reperimento e di maggiori costi direttamente connessi alla grande richiesta di manodopera sui “cantieri 110%”.

Le statistiche analizzate dal team di GAD parlano di una crescita media del costo orario di circa il 5% nell’ultimo biennio, pari ad una crescita del 60% superiore rispetto a quella dei due anni precedenti.

Quali sono gli scenari futuri per il settore?

Non possiamo che chiederci: “ma cosa accadrà in futuro”? Gli esperti di GAD non possono trarre conclusioni certe sull’andamento del mercato, ma sono in grado di analizzare tre possibili scenari di sviluppo.

Nel primo scenario i prezzi continueranno a salire: con l’inflazione galoppante, i costi delle costruzioni diventeranno praticamente insostenibili e determineranno uno stop allo sviluppo immobiliare. Come sottolineano gli esperti: “il risultato nel giro di qualche anno potrebbe essere la riduzione della domanda e il conseguente riallineamento dei prezzi”.

Lo scenario due vede i prezzi assestarsi sui valori attuali. Se immaginiamo un futuro in cui le misure messe in atto dalla politica e dalle banche centrali permetteranno il rallentamento dell’inflazione, potremmo trovarci di fronte ad un allineamento dei prezzi in linea con i valori attuali. Nel futuro dipinto dallo “scenario 2” sarà però necessario ripensare alle strategie del costruire andando verso Open Book, Cost + Fee o appalti scorporati.

Infine, analizziamo lo scenario 3 ovvero quello in cui “i prezzi caleranno ritornando ai valori pre-crisi”. Uno sviluppo ottimistico difficile da realizzarsi, almeno nella sua interezza: “in questo caso la scelta di modificare strategia di appalto potrebbe non essere una necessità, ma un’opportunità con un possibile guadagno dalla riduzione dei prezzi”.

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